Riconoscere e padroneggiare i sentimenti
Spesso accade che non si riesca a descrivere precisamente le proprie emozioni e i propri sentimenti: potremmo dirci tristi quando invece siamo arrabbiati (o viceversa), oppure descriversi indifferentemente come tristi o infelici. Altre volte può esserci un’incapacità di trasformare in espressione verbale qualcosa che si manifesta come una sensazione corporea o come una compulsione comportamentale. Solitamente, meno efficacemente una persona riesce a comunicare la sofferenza emotiva per mezzo del linguaggio, più potenti tendono ad essere i suoi messaggi non verbali.
Durante il percorso psicologico si mira a sviluppare una serie di sensibilità che facciano sì che la persona sappia quello che prova, capisca perché lo prova ed abbia la libertà emotiva di padroneggiare le proprie emozioni in modi positivi per sé e per gli altri. Per esempio, chiedendo “Che cosa ha provato?”, “come si è sentito?”, ecc., si cerca di far venire a galla e nominare ogni emozione e sentimento, senza che nulla resti ignoto, perché nel momento in cui abbiamo definito quali pensieri ed emozioni sperimentiamo in un certo momento, possiamo ragionare su questi stati mentali ipotizzando collegamento tra comportamenti e intenzioni, cognizioni ed emozioni in termini di causalità psicologica. I/le pazienti spesso possono faticare a comprendere cosa lega un pensiero ad un’emozione, in che modo un comportamento è stato generato da un affetto e non da un automatismo.
Le emozioni infatti influenzano ragionamento, percezione e decisioni: in molte situazioni, nelle quali è necessario, le emozioni innescano molto rapidamente una decisione e garantiscono che essa si compia ed in questi casi il ragionamento cosciente è solo successivo. Tutto questo è fondamentale perché le emozioni che sperimentiamo orientano il flusso di idee e la nostra visione del mondo, per cui la rabbia genera pensieri ostili, la tristezza genera idee pessimistiche, l’angoscia crea percezioni di pericolo, così come l’allegria aumenta la motivazione ad affrontare un compito o iniziare un’impresa. Entrare in contatto con i propri sentimenti negativi, anche quando intensi, permette di adottare una scelta: se si è arrabbiati, per esempio, anziché sfogare immediatamente la rabbia, l’importante è notare che si prova il sentimento in questione e poi trovare il modo per usare l’energia che ne deriva al servizio della soluzione di problemi. Una parte significativa del processo curativo in ogni terapia è costituita dal fatto che, nominando gli affetti, il terapeuta favorisce nella persona lo sviluppo di un senso di padronanza su stati emotivi diversi e complessi che molto spesso guidano la nostra mente al di fuori del nostro controllo.
Il primo passo che possiamo fare per ridurre il potere di queste emozioni negative è riconoscerle e nominarle. In generale, l’accuratezza nell’etichettare le emozioni favorisce la maturazione affettiva e sociale, e rappresentarsi accuratamente i propri affetti può incrementare l’autostima e i sentimenti di competenza, anche quando le emozioni in questione sono dolorose.


Chiedere aiuto è il primo passo per poter cambiare e prendersi cura di sé.
Nei primi colloqui si comprende e si definisce il problema insieme, per poi decidere il percorso da fare, considerando i desideri, le motivazioni e gli obiettivi.
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